Lettera aperta al consigliere regionale Amati

Carissimo Fabiano

ritengo che l’azione che più di altre devono accomunare le nostre professioni, dando un reale senso di servizio ad entrambe, sia l’ascolto. 

Ascolto. Per noi medici è la paziente premessa, indispensabile per qualunque processo di cura; non solo anamnesi, è soprattutto interazione, ma anche empatia con il problema e il disagio del paziente, con il suo vissuto, prima ancora che la sua malattia, ascolto che è sempre e integralmente “tempo di cura”. 

Anche per il politico l’ascolto del cittadino dovrebbe essere il punto di partenza, ma anche lo stimolo a confrontarsi, a migliorare la propria azione a modificarla, ad adattarla ad un bisogno collettivo e non solo ad un asfittico calcolo elettoralistico. Le più recenti vicende sembrano proprio dimostrare che non basta una posizione di potere o di autoreferenzialità: solo chi sa ascoltare e conosce i problemi può meglio raccogliere le istanze e rappresentarle. 

Quando presentasti la proposta di legge regionale intesa ad approvare le misure per la riduzione delle liste d’attesa in sanità, ascoltammo con vivo interesse le tue argomentazioni, perché toccavano un tema particolarmente sentito non solo dai cittadini, ma anche da noi operatori sanitari, in quanto direttamente collegato alla qualità reale e percepita della prestazione sanitaria nel suo complesso; ti abbiamo ascoltato e ti abbiamo riconosciuto il merito di aver sollevato un problema reale, ineludibile e improcrastinabile. La nostra disponibilità ad ascoltarti è stata totale, tanto che ti abbiamo invitato, come ricorderai, nella sede del nostro Ordine di Lecce dove nel gennaio scorso ci esponesti dettagliatamente la tua iniziativa legislativa, che ci parve particolarmente interessante in alcuni punti. 

Purtroppo non altrimenti posso affermare della tua disponibilità ad ascoltarci: non ci hai ascoltato quando ti abbiamo spiegato il nostro punto di vista. Non ci hai ascoltato quando ti abbiamo notificato che la normativa vigente in materia di ALPI prevede lo svolgimento di questa al di fuori dell’orario di servizio e quindi le liste d’attesa non sono influenzabili minimamente dalla sospensione dell’attività ALPI (che è altra cosa), non ci hai ascoltato quando ti abbiamo fatto notare che l’attività ALPI rappresenta appena il 5% circa di tutta l’attività sanitaria, né ci hai ascoltato quando ti abbiamo rappresentato che l’attività ALPI garantisce una quota economica “di accantonamento” nelle casse delle ASL, destinata proprio all’abbattimento delle liste d’attesa. Non ci hai ascoltato quando ti abbiamo fatto notare che la tua proposta confliggeva con la clausola di invarianza economica, determinando per le ASL minori introiti non compensati (e quindi tutto l’impianto legislativo nella sua premessa economica veniva meno). Né ci hai ascoltato soprattutto quando abbiamo formulato delle proposte cruciali per ridurre le insopportabili liste d’attesa: razionalizzare l’offerta (per esempio: attese ex post – cioè reali – molto inferiori alle attese ex ante, quelle teoriche, proposte all’atto della prenotazione), governare la domanda (per esempio agire sull’appropriatezza prescrittiva), gestione degli accessi e monitoraggio dei tempi di attesa di “primo accesso”, stabilire precisi percorsi assistenziali diagnostico-terapeutici di garanzia, ma soprattutto aumentare l’offerta (la storia della programmazione più recente sancisce in modo inequivocabile che i tempi sono inversamente proporzionali al numero degli operatori sanitari). Non ci hai ascoltato quando ti abbiamo fatto osservare che i tempi d’attesa più cruciali e insopportabili non sono quelli dell’attività diagnostica, ma del trattamento ed in particolare 

OMCeO – LECCE Il Presidente chirurgico, dove manca addirittura il termine di paragone, non esistendo di fatto nel nostro territorio un’attività ALPI chirurgica, ma dove i tempi d’attesa sono insopportabili a dimostrazione che il tuo teorema, qualora applicato, sarebbe destinato a fallire. Non ci hai ascoltato neanche nel voler precisare meglio un aspetto che appariva interessante nella tua proposta: il ruolo del RULA, cioè il Responsabile unico aziendale delle liste d’attesa, in rapporto alle altre figure cui attualmente questo compito viene demandato. 

Vero è che forse hai ascoltato qualche isolata voce sindacale, peraltro piuttosto disinformata sull’argomento, convinta che la proposta da te prospettata potesse risolvere il problema, in quanto renderebbe disponibili le risorse strumentali utilizzate in ALPI (strumenti che in realtà possono comunque essere utilizzate in molti casi per 24 ore al giorno), senza dare nessuna rilevanza alle risorse umane, che invece sono sempre più carenti: nei casi più virtuosi si riesce solo a stabilizzare precari. 

Sebbene hai spesso dato prova di grande passione politica e capacità progettuale, nel caso specifico voler “penalizzare” l’ALPI appare un provvedimento che, ad un osservatore superficiale potrebbe dare l’impressione di voler favorire le attività private extra-moenia (quelle fuori dal controllo e dal vantaggio della struttura pubblica, quelle comunque ricercate dagli stessi pazienti). 

Abbiamo ascoltato molte voci, soprattutto di cittadini, senza riuscire a vedere nessun rapporto tra un problema sentito, grave e reale (liste d’attesa) con un provvedimento (sospensione ALPI) che – riguardando tutt’altro – non avrebbe nessuna incidenza positiva. 

Caro Fabiano, consentimi un ipotesi: se tu fossi un chirurgo e si rivolgesse a te un paziente con un’ernia inguinale destra fortemente sintomatica e limitante la sua vita, se tu lo operassi di ernia, ma a sinistra, otterresti questi risultati: i suoi sintomi a destra continuerebbero come prima; è possibile che il paziente lamenterà anche un dolore postoperatorio a sinistra; ma …. se ti va bene potresti anche essere denunciato! 

Con stima e simpatia 

Lecce, 30.03.2018 

Donato